Dott.ssa Antonella Scalise Psicoterapeuta
Psicodinamica e Relazionale - Specialista in DCA
Questa riflessione emotiva, data
la funzione catartica della scrittura, nasce dalla necessità di scongiurare una
mia crisi, indotta dalla sofferenza per la dolorosa esperienza giudiziaria
nella quale sono stata coinvolta e dall'indignazione di essere stata affiancata
ad un criminale, dopo aver vissuto nella convinzione che la vita serva a
crescere ed a guarire e ad averlo trasmesso a persone che, con buona volontà,
motivazione ed intenzione hanno condiviso con me impegno e sentimenti; cosa che
mi ha resa drammaticamente consapevole di come le aspettative di giustizia
possano affogare nella tortura dell'attesa, nella paradossalità dei percorsi e
delle logiche... o sfumare nella diffusione dei pregiudizi.
Sono stata formata dal punto di
vista psicoterapeutico con dei principi che non valgono solo nella pratica
clinica, ma anche nella vita: uno di questi è l'ETICA RELAZIONALE, ovvero la
forza dinamica fondamentale che tiene insieme le persone e le relazioni sia
familiari sia sociali attraverso l'affidabilità e l'attendibilità: ovvero
l'EQUILIBRIO DELL'EQUITÀ.
Nel mio ambito psicologico il
termine "etico" non porta con se solo le implicazioni di una serie di
precetti morali determinati o criteri relativi a ciò che è giusto o sbagliato.
Etico riguarda piuttosto il
processo squisitamente umano che porta a raggiungere il giusto EQUILIBRIO DI
EQUITÀ tra persone.
Con equità non intendo nè la rigidità meccanica in base alla quale si fa, per es.,
lo stesso regalo a Natale, a tutti i figli, ignorandone la soggettività ed il
desiderio, nè un sistema di baratto in cui ogni
articolo viene scambiato immediatamente con un altro.
Per equità intendo, invece, un
equilibrio a lungo termine, magari oscillante, in base al quale GLI INTERESSI
VITALI FONDAMENTALI di ciascun partecipante alla relazione, siano presi in
considerazione dagli altri membri.
Esplicitate queste premesse di
ETICA e di EQUITÀ, ritengo che non siano state riconosciute ed applicate
nell'esperienza giudiziaria che mi ha vista coinvolta.
Fondare infatti l'ETICA
RELAZIONALE sul principio di equità, significa che ciascuno ha diritto a che
gli altri membri della relazione tengano in debito conto i suoi interessi
vitali fondamentali, ovvero il suo benessere che è sostanzialmente
BIO-PSICO-SOCIALE.
Significa, quindi, essere
riconosciuti e non danneggiati socialmente nell'immagine, magari dopo decenni
di impegno professionale profuso; significa avere diritto alla tutela della
salute fisica e mentale, strettamente interconnesse, e non alla compromissione
di entrambe perchè esposti ad uno stress indebito e
prolungato indiscriminatamente.
Invece, nell'esigenza di difendere il diritto all'informazione NON SI È TENUTO CONTO DELL'EQUITÀ RELAZIONALE, e della ricaduta sulle persone imputate, frammentandone la professionalità e la dignità, equiparandole a criminali acclarati...
NON SI È TENUTO CONTO che sarebbe
bastato, nel tempo delle indagini, misurato in anni, un decimillesimo del tempo
trascorso per ascoltare con mente aperta le motivazioni ed il punto di vista
delle persone coinvolte.
NON SI È TENUTO CONTO che sempre
il tempo, soggettivo questa volta, è un valore personale e non lo si può fare
attraversare impunemente, in un'attesa, sospesa come una terra di nessuno,
carica di tensione, se non di angoscia e che diventa torturante come tutte le
attese.
Le relazioni sono affidabili
nella misura in cui consentono di dialogare su importanti questioni di diritto
e sugli obblighi reciproci, mentre la fiducia è l'aspetto fondamentale a cui
ognuno si aspetterebbe che fosse improntata la GIUSTIZIA.
Se la fiducia di base e la
preoccupazione spontanea possono essere un potenziale di tutti gli esseri
umani, la fiducia meritata e l'affidabilità sono traguardi etici che possono
essere recuperati o depauperati, per promuovere le risorse umane oppure impoverirle.
Come nel SISTEMA SANITARIO, nel
quale opero, l'umanizzazione delle cure può fare e fa la differenza rispetto ad
un autentico prendersi cura dell'Altro (https://www.psicoantonella.it/pubblicazioni.htm), anche il
SISTEMA GIUDIZIARIO dovrebbe ipotizzare un'umanizzazione del DIRITTO, per
guardare prima alle persone, piuttosto che ai principi, magari senza
pregiudizio.
Visto il crescente e triste incremento di questi inquietanti eventi, auspico in questa direzione, una diffusione della consapevolezza collettiva, perchè non sia sempre così strano, come diceva il poeta GIBRAN,
"... che i nostri torti
vengano difesi con più vigore dei nostri diritti".
Dott.ssa Antonella
SCALISE
Psicoterapeuta Psicodinamica e
relazionale
Psicologo Dirigente presso il CSM di
Crotone ASL 5
Responsabile area DCA (diagnosi e
trattamento dei disturbi della condotta alimentare)
Didatta della scuola di
specializzazione SRPF "Scuola Romana di Psicoterapia Familiare". Sede di Roma/Napoli
- Iscritta dal 1989 all'Albo
Professionale degli Psicologi della Regione Calabria
- Iscritta dal 1989 all'Albo degli
Psicoterapeuti.